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GINO CHIERICI: Architetti ed architettura del '700 a Siena, con 21 illustrazioni |
Il secolo XVIII è per Siena il periodo della maggiore decadenza. Se nel 600 la città aveva già perduto ogni ricordo della sua antica libertà, nei primi anni del 700 essa era divenuta affatto medicea, nonostante lapparente dignità del Senato, la conservazione dei suoi statuti, la scelta dei magistrati fra i migliori cittadini per censo e per nobiltà (1). Quando nel 1737 col Granduca Gian Gastone si estinse la dinastia dei Medici, la popolazione di Siena era ridotta a poco più di sedicimila abitanti; ed a quindicimila questi scesero nel 1745. Verso il 1750 il Pecci ebbe in animo di interrompere il suo diario, perchè costernato dei molti disastri che avevano percossa la città, col suo studio languente, col collegio Tolomei moribondo, col presidio della fortezza abolito, coi vecchi dissennati e senza condotta, coi giovani senza studi (2). Ma un altro grave guaio si andava preparando. Nel 1766 Grosseto con la Maremma formarono una provincia amministrativamente separata, e cosi scomparve lantico Stato Senese che i Medici con accortezza avevano voluto mantenere unito, e Siena perdette "la valutabile decorazione di capitale" nonostante gli sforzi della Balìa per impietosire il Principe ed allontanare questultima sventura. Eppure anche attraverso queste tristi vicende economiche e politiche, larte, che nellanimo del popolo senese ha trovato sempre una profonda risonanza, seppe affermarsi con opere meritevoli di essere ricordate.
Il Settecento è stato, fino ai nostri giorni, molto bistrattato perchè forse poco compreso, dai nostri storici dellarte. Qualcuno riferendosi allarchitettura, ha affermato che dopo il parossismo del secolo XVII, che "come qualsiasi eccesso non poteva durare a lungo" il capriccio cedette il posto alla ragione, sebbene fredda e senza ideali! Oggi cominciamo a capire quanto valgono certi giudizi; e ci siamo anche persuasi che larchitettura moderna, dopo il disgraziato tentativo di far rivivere gli stili medievali, dopo l"eclettismo", frutto di una cultura molto superficiale accoppiata ad una rimarchevole deficienza di buon gusto, deve avvicinarsi al Settecento per riprendere il contatto col passato, e continuare lo sviluppo di un ideale artistico che risponde perfettamente ai moderni bisogni. A Siena larchitettura del secolo XVII bisogna cercarla. Non che si nasconda in strade secondarie o trovi rifugio in qualche chiesetta poco nota, ma perchè fra la rigogliosa fioritura delle costruzioni trecentesche, ricche di colore e dalle trifore impareggiabilmente eleganti, fra i palazzi del Quattrocento, di tufo o di travertino dai caldi toni dorati, e quelli del Cinquecento, dalle ampie arcate che la tradizione assegna invariabilmente a Baldassare Peruzzi, i nostri edifici con quella loro tinta uniforme, con la loro compostezza un po timida come se avessero coscienza della loro inferiorità, passano inosservati. Eppure una volta abituato locchio a distinguerli, ci indugiamo ad osservarli con compiacenza, perchè sono costruzioni piene di garbo, che qualche volta assurgono allimportanza di vere opere darte. Gli architetti senesi del 700 non sono molti, nè molto noti. Il migliore fra essi fu senza dubbio Paolo di Giuseppe Posi, nato nel 1708 e morto nel 1776. Da giovanetto si recò a Roma, dove forse completò i suoi studi, e dove naturalmente subì linfluenza dei grandi maestri del barocco, procurandosi le critiche del Milizia, il quale però non gli potè negare la vivacità "spesso licenziosa" dellingegno. Fu particolarmente fecondo nellideare mausolei, macchine per fuochi artificiali e quegli archi di trionfo costruiti con legno, stucco e tela, che si innalzavano frequentemente per lelevazione alla porpora di prelati, per larrivo di principi, per pubbliche solennità: fastosi ed effimeri monumenti, che rispecchiavano il gusto dellepoca. Cominciò a farsi notare nel 1730, poco più che ventenne, con lerezione di un mausoleo al cardinale Caracciolo nella cattedrale di Aversa; nel 1744 disegnò, per commissione del cardinale Spinelli, laltare maggiore della cattedrale di Napoli; nel 1760 costruì la chiesa di Santa Caterina da Siena, in strada Giulia, a Roma; nel 1766 fu condotta da lui a compimento laggiunta al palazzo del cardinale prodatario a Monte Cavallo; nel 1769 ideò in S. Carlo al Corso la cappella nel braccio destro della croce, esaltata da Mariano Vasi come una delle più belle di Roma, Nel frattempo coi suoi disegni si erano innalzati edifizi diversi a Narni, a Viterbo, a Senigallia e si era rimodernato il Palazzo Colonna. Salito in grande fama fu nominato architetto di S. Pietro e cavaliere dello sperone doro, il che fa ricordare melanconicamente al Romagnoli un altro senese che morì nella miseria e nelloblio, nonostante avesse lasciato un orma ben più profonda nella storia dellarte: Baldassarre Peruzzi. Oltre il Posi, ben pochi sono gli architetti senesi del tempo, la cui notorietà sia uscita dagli antichi confini dello Stato, Lelio Cosatti (16771748), matematico di valore, fu invitato nel 1719 dal papa Clemente XI, insieme al Juvara, a Nicola Michetti, a Domenico Paradisi, ad Antonio Canevara e ad Antonio Valeri, a presentare il disegno per la fabbrica di una nuova sagrestia per la Basilica Vaticana. La morte del Papa troncò il concorso, al quale il cav. Antonio Valeri, contrariamente agli altri, aveva partecipato con due progetti. Il Cosatti stese pure una notevole memoria per dimostrare inconsistenti gli allarmi sorti sulla stabilità della cupola di S. Pietro. Leonardo di Vegni (17341801), scrittore di architettura assai dotto e scopritore della plastica dei tartari, abitò pure esso a Roma, ma occupato comera a far conoscere la scoperta, sembra che in questa città non lasciasse traccia della sua capacità artistica. Ad Arezzo costruì il Palazzo Albergotti, a Sarteano la chiesa di S. Lorenzo; i teatri di Foiano, di Montalcino e di Montepulciano furono eseguiti sopra i suoi disegni, ed a Foiano innalzò anche il Palazzo Passetti e la torre del Comune. Tolti questi, non vi è ricordo che altri architetti lavorassero, come tali, fuori della terra senese. Il Romagnoli, non senza esagerazione, lamenta che in questepoca, nella città che aveva dato sempre allarchitettura artisti di grande valore, non vi fosse chi potesse condurre a termine i nuovi lavori. Ed infatti vediamo preposti alla direzione delle costruzioni più importanti, architetti di Roma, di Napoli, di Bologna. La nuova chiesa di S. Giorgio viene allogata al Cremoni, lombardo (che però viveva a Siena); il cardinale Zondadari invia da Roma larchitetto Antonio Valeri, per il nuovo palazzo da erigersi nella piazza del Campo il padre generale degli Agostiniani incarica Luigi Vanvitelli di ampliare e rimodernare la chiesa di S. Agostino; la riedificazione del teatro degli Intronati, distrutto per ben due volte nello spazio di pochi anni, viene affidato ad Antonio Galli, detto il Bibbiena, della celebre famiglia di architetti e scenografi, che doveva poi, poco dopo, costruire il teatro di Bologna, suo capolavoro; e il fiorentino Fuga apparecchia il disegno per la nuova facciata del Casino dei Nobili, verso la piazza del Campo. Naturalmente il contatto con questi maestri già rinomati, doveva influire sugli architetti della città, alcuni dei quali si recarono, a scopo di studio, a Roma ed a Bologna, dove maggiormente ferveva la vita artistica del tempo, ma senza riuscire a mettere le ali per spiccare grandi voli. Il Settecento quindi a Siena non poteva avere caratteristiche speciali; tuttavia giova osservare come larchitettura di questepoca, al pari di quella del secolo precedente, si sia studiata di adattarsi allambiente, abbia compreso lo spirito dellarte senese, composto, sereno, tutto pervaso da una timidezza piena di grazia. Lunico tentativo audace è quello della cappella del Rosario in via S. Marco, la cui facciata a rientranze, a sporgenze, a superfici concave, raccoglie in breve spazio leleganza nervosa, lesuberante fantasia, laffannosa ricerca del movimento, proprie delle migliori opere del Borromini. Il cardinale Antonio Felice Zondadari, di famiglia senese e che a Siena veniva ogni anno da Roma, a cercare riposo nella sua villa di Ancaiano, per dare una prova di benevolenza al Seminario arcivescovile, che risiedeva presso la chiesa di S. Giorgio, volle che fosse rifatta la chiesa stessa (la cui costruzione sembra che risalisse al secolo XI), troppo piccola per i bisogni del culto, e forse in cattivo stato di conservazione. Il disegno del nuovo edificio fu eseguito da Pietro Cremoni, nato ad Arosio, sul lago di Lugano, ma residente a Siena, dove lavorava presso Giuseppe Mazzuoli. Questo Cremoni apparteneva ad una famiglia di stuccatori, che operarono nella nostra città durante il secolo XVIII, e furono eleganti e fecondi artisti. Poco tuttavia sappiamo di loro e difficile riesce attribuire le opere alluno piuttosto che allaltro di essi, perché i cronisti ed i compilatori di documenti, quasi sempre citano semplicemente i fratelli Cremoni, senza neppure aggiungere se erano i vecchi od i giovani. Pietro e Bartolomeo, abitavano nella parrocchia di S. Mustiola, ed in quella chiesa eseguirono nel 1718, secondo il Faluschi, laltare maggiore. Di Bernardino e di Stefano, sappiamo che nel 1757 ornavano la cappella della Madonna dei sette dolori, nella chiesa dei Servi. Il più valente fu Pietro, lunico citato dal Thieme Becker (3) che però fornisce notizie non troppo precise sul nostro artista, al quale attribuisce i due monumenti sepolcrali dei fratelli Zondadari che si trovano nella chiesa di S. Giorgio, mentre questi furono eseguiti da F. Janssens di Anversa, nel 1748. La chiesa disegnata da Pietro Cremoni è il più notevole edificio sorto in Siena nel secolo XVIII. La pianta è a croce latina; la navata longitudinale è divisa in due parti da pilastri fiancheggiati da colonne, che con gli archi sovrastanti formano delle nicchie poco profonde nelle quali trovano posto gli altari. Gli archi dei valichi di accesso al due bracci della croce, hanno lo stesso diametro di quelli delle nicchie, mentre le arcate trasversali della navata sono di diametro maggiore, cosicchè la pianta della calotta sopra il presbiterio risulta necessariamente di forma elittica, la quale, del resto fu una figura geometrica cara ai settecenteschi. Labside rettangolare ha le stesse dimensioni dei bracci ed è, come questi, coperta con volta a crociera; mentre sulla navata sinarca un ampia volta a botte, decorata con formelle esagonali che racchiudono rosoni a doppio ordine di foglie. Larchitettura è di proporzioni eleganti ed armoniche, e pure essendo le masse abbastanza movimentate, tuttavia la ricerca delleffetto, che nella monocromia dellinsieme non poteva essere dato che dallo sbattimento delle ombre, non è mai eccessiva. Gli stucchi profusi sulle volte, sugli archi, attorno agli altari, rivelano una grande ricchezza di fantasia ed una consumata abilità di esecuzione. La stessa armonia osservata nellinterno la troviamo nella facciata alla quale il tono caldo del travertino dona una maggiore vivacità. Forse se la cimasa della finestra non interrompesse il fregio e larchitrave, slegando la composizione, questa facciata, pure nella modestia delle sue proporzioni, si potrebbe ritenere una delle migliori cose dellepoca. La costruzione della chiesa procedette assai rapidamente: il 17 gennaio 1729 (stile senese) fu cominciata la demolizione dellaltare maggiore della chiesa vecchia; il 9 settembre 1731 larcivescovo di Siena consacrava il nuovo edificio. La facciata venne eseguita qualche anno più tardi, e solo nel maggio del 1738 era ultimata. Circa nello stesso tempo si innalzava il Palazzo Chigi Zondadari sulla piazza del Campo. Dello studio del progetto venne incaricato, dal cardinale Antonio Felice, larchitetto romano Antonio Valeri, che abbiamo già ricordato come competitore del Cosatti nel concorso per la nuova sagrestia di S. Pietro. Nel gennaio del 1724 furono cominciate le fondamenta; nellottobre del 1726 non si era che alla metà della fabbrica, ma non sappiamo per quale ragione, il Valeri non dirigeva più i lavori. Infatti nellarchivio dellOpera del Duomo troviamo una deliberazione del 17 giugno 1726, nella quale il Rettore espone di aver fatto visitare gli archi della navata di mezzo della chiesa metropolitana dal "signor Pietro Hustini architetto romano che si trova in questa città per soprintendere alla fabbrica del Palazzo del sig. marchese Chigi". LHustini doveva essere un Hustin francese, recatosi a Roma per perfezionarsi nello studio dellarchitettura e poi rimastovi ad esercitare larte sua. La costruzione di questo Palazzo, che è uno dei più grandi di Siena, presentava parecchie difficoltà, e prima fra tutte quella di non disturbare con la sua mole leuritmia della piazza meravigliosa sulla quale doveva sorgere. Ebbene, dobbiamo convenire che questa difficoltà fu vinta abbastanza felicemente. Posto accanto al Palazzo Sansedoni, la cui facciata è un traforo di polifere elegantissime; di fianco al Palazzo Piccolomini, una delle più ricche ed imponenti costruzioni quattrocentesche che vanti larchitettura italiana; questo nostro, modesto ma non dimesso, con un lievissimo accenno a movimenti di masse, come un desiderio contenuto, con particolari pieni di buon gusto, nella loro semplicità, raggiunge leffetto di rendersi piacevole e gradito, come la soluzione inaspettata di un problema che ci preoccupava. Intorno a queste due costruzioni, che si possono considerare come le più rappresentative dellarchitettura religiosa e civile del 700 a Siena, molte altre ne sorsero, ed alcune anche di una certa importanza. Già al principio del secolo, coi disegni di Jacopo Franchini, si era costruita la chiesa delle Monache della Madonna, il cui interno, ricco di stucchi e di intagli in legno, è piacevolissimo; nel 1716 si innalzava la facciata di S. Pietro in Castelvecchio; nel 1722 quella delloratorio della Madonna del Rosario; nel 1738 si sovralzava il campanile di S. Martino; nel 45 si lavorava nellinterno della chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio; due anni dopo Luigi Vanvitelli inviava da Roma il progetto per la chiesa di S. Agostino e nel 48 egli stesso veniva a Siena per visitare i lavori, che terminarono nellagosto del 1755. In questo tempo si eseguiva la scala a due rampe con balaustrata, della chiesa di S. Andrea, e si faceva, poco felicemente in verità, linterno di S. Pietro Ovile. Nel 1763 veniva terminato il nuovo campanile di S. Francesco, disegnato da Paolo Posi, ma questa costruzione non incontrava il gusto generale perchè troppo bassa e poco ornata; nel 67 Giovanni Marchetti lavorava attorno alla chiesa della Sapienza, che fu aperta nel 1772; e nel 1783, con una nuova facciata in terra cotta, Antonio Matteucci completava la chiesa di S. Virgilio, che nellinterno era stata interamente rifatta dai Padri della Compagnia di Gesù. Non accenneremo allopera degli stuccatori abilissimi, che profusero la loro fantasia e la loro virtuosità, talvolta mirabile, nelle decorazioni degli interni. I Mazzuoli, i Cremoni, i Notari, il Franchini, il Silini, il Fatima, furono degni continuatori di Prospero Bresciani, le cui composizioni nella chiesa della SS.Trinità, sono piccoli capolavori del genere. Le cartelle e le nicchie di S. Bernardino allOsservanza, eseguite nel 1709 da Francesco Notari; laltare maggiore di S. Maria Maddalena modellato nel 1715, e che ritengo opera dei Cremoni, ci possano dare, insieme alla decorazione interna del S. Giorgio, unidea degli stucchi di questepoca. Nonostante che le condizioni economiche di Siena continuassero, fin verso la metà del secolo, a peggiorare ogni anno più, tuttavia anche nel campo dellarchitettura civile non mancò una certa attività. Nel 1714 venne costruito il Palazzo Tommasi, presso SantAndrea; nel 15 larchitetto Francesco Bandini, canonico, innalzò il Palazzo Della Ciaia, in via del Casato, nel quale manifesta è linfluenza dellarchitettura cinquecentesca del Palazzo che fu della Dogana, attribuito al Riccio. Nel 1726, contemporaneamente al Palazzo Chigi Zondadari, veniva sorgendo, su disegno di Domenico Francini, il Palazzo Loli, in via Stalloreggi; nel 34 si poneva mano alla casa Capitani, in piazza Postierla; nel 43 alla casa Placidi, presso le Logge del Papa; nel 57 alla casa dei figli di Ascanio Borghesi, in via delle Due Porte. Nel 1763 Paolo Posi, contemporaneamente al campanile di S. Francesco, costruiva il Palazzo Sergardi, in Camollia, e nel 1771 cominciava quello De Vecchi; nel 66 fu terminata la nuova facciata del Casino dei Nobili, verso la piazza del Campo, che venne costruita sotto la direzione di don Girolamo Del Testa, il quale si valse del progetto del Fuga, apportandovi solo qualche modificazione di lieve importanza. Finalmente, nel 1792 col disegno di Giuseppe Silini si innalzava il Palazzo Pozzesi, poco discosto da SantAndrea, e nel 1795 il Palazzo Bianchi, in via Romana. Intanto il teatro degli Intronati, poi dei Rinnovati, distrutto per due volte dagli incendi, per due volte veniva ricostruito; una prima, nel 1750, dallarchitetto bolognese Antonio Donnini, ed una seconda, nel 1753, da Antonio Galli detto il Bibbiena. Fra gli architetti senesi del Settecento, occupa un posto onorevole Jacopo Franchini (1665 1741) che in giovanissima età decorò con stucchi, sotto la guida di Giovanni Antonio Mazzuoli, la chiesa di San Antonio alla Tartuca. Il Franchini fu un artista fecondo e studioso, come fanno fede i disegni suoi raccolti dal Ciaccheri, e conservati nella Biblioteca Comunale di Siena, e dai quali possiamo rilevare che egli fu a Roma, dove raccolse larga messe di osservazioni sulle opere dei migliori architetti del Seicento e specialmente su quelle del Borromini, che egli predilesse. Infatti una delle principali accuse che gli mosse il Romagnoli è quella di essere infetto della peste Borrominesca. Molti schizzi di particolari della Basilica di S. Pietro, del Palazzo Giustiniani, di S. Giovanni in Laterano, di Santa Maria in via Lata, di Santa Maria in Campitelli, sono corredati di osservazioni e di misure. Dietro ad un disegno per la porta del Palazzo Marsili a Siena, del cav. Fontana, scrive: "avendo bene osservato la simetria di questo architetto trovo che li stipiti li ha tenuti la sesta parte della larghezza della luce della porta". Fra i disegni, ve ne sono alcuni che si riferiscono al nuovo Palazzo Chigi Zondadari, e sono studi di piante e di particolari che potrebbero far sorgere il dubbio che anche il Franchini prendesse parte allimportante costruzione. Inoltre vi è una pianta che ha grandissima analogia con quella della chiesetta del Rosario, il che mi induce a ritenere il nostro architetto autore della graziosissima facciata, la cui costruzione cominciò nel 1722 e fu terminata nellanno successivo. Giovanni Marchetti (1730 1800), il costruttore della chiesa di Santa Maria della Misericordia alla Sapienza, allievo del Bibbiena, ebbe pure una certa notorietà, ma soprattutto come decoratore a chiaroscuro, nel quale genere sembra che fosse abilissimo. Altro artista cresciuto alla scuola bolognese è Giuseppe Silini (1724 1814) che fu scolaro di Ercole Lelli. È ricordato per una "macchina" in Duomo per le esequie dellimperatore Granduca Francesco, nel dicembre del 1765; per lorchestra della chiesa di SantAgostino, e per il Palazzo Pozzesi. Il suo nome, però, è raccomandato più che altro ai lavori in stucco, che eseguì numerosissimi, e alcuni con vero senso darte. Dei minori è inutile parlare. Spesso sono esecutori di progetti altrui che tentano qualche solitaria affermazione personale, come quel Filippo Francini (1686 1776) che costruì il campanile di S. Francesco progettato dal Posi; oppure sono artisti che non hanno lasciato nessuna traccia durevole, come quel Giuseppe Montucci, che nel 1739 disegnò le arcate che circondarono la piazza del Campo, per la festa in onore di Maria Teresa e di Francesco suo sposo. Studiando il Settecento a Siena è di grande aiuto, per intendere lo spirito degli artisti locali, la raccolta di disegni del tempo fatta dal Ciaccheri. Purtroppo moltissimi di questi mancano di qualsiasi indicazione degli autori, i quali spesso non possono neppure essere identificati attraverso la "maniera" perchè difettano i termini di confronto. I più numerosi sono i disegni dei Mazzuoli, ricchi di fantasia ed eseguiti con eleganza; poi vengono quelli del Franchini, assai meno abile nella espressione grafica delle proprie idee. Una pianta della chiesa della B. V. di S. Luca ed una della scala del Palazzo Ranuzzi, a Bologna, fanno parte forse di rilievi eseguiti dal Suini. Di Saverio Posi vi è un progetto completo per il teatro Argentina a Roma, il quale differisce solo per certi particolari da quello che venne costruito fra il 1740 ed il 1750 da Girolamo Teodoli. Questo progetto del Posi (probabilmente fratello o cugino di Paolo) porta la data del 1747. Vi sono inoltre due progetti per la scalinata della Trinità dei Monti: uno con leggende in francese, ritengo sia dellHustin che lavrà portato con sè quando venne a Siena nel 1726 (la scalea fu costruita dal De Sanctis dal 1722 al 1724); laltro, con leggende in italiano, potrebbe essere del Valeri. GINO CHIERICI. (I) ETTORE ROMAGNOLI. Delli artisti Senesi. Manoscritto, nella Biblioteca Comunale di Siena. (2) GIOV. ANTONIO PECCI. Diario Senese. Manoscritto, nella Comunale di Siena. (3) Allg. Lexikon. Vol. VIII, p. 80. |
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