FASCICOLO I SETTEMBRE 1923
NOTIZIARIO
IL CONCORSO PER IL DUOMO DI MONFALCONE
LE DECISIONI DELLA GIURIA

Nello scorso gennaio si convocò nelle sale della Libreria Sansoviniana in Venezia la Giuria giudicatrice del concorso per il Duomo di Monfalcone, concorso che era stato bandito dall’Opera di soccorso per le chiese rovinate dalla guerra.
La Giuria giudicatrice del concorso era così composta: Brugnoli Emanuele, pittore, professore all’Accademia di Venezia Caronti D. Emanuele Abate di S. Giovanni di Parma e Direttore della Rivista Liturgica Cirilli comm. Guido architetto, professore di Venezia e Direttore dell'Ufficio Belle Arti nella Venezia Giulia Costantini Mons. Giovanni, Direttore della Rivista Arte Cristiana e Direttore dell’Opera di soccorso per le Chiese rovinate dalla guerra D'Aronco comm. Raimondo, architetto, professore degli Istituti d’Arte di Napoli Ing. D. Orlando dell’Ufficio Ricostruzioni di Gorizia Selva prof. Attillo, scultore, Roma Marangoni ing. Luigi, Direttore dei lavori di S. Marco in Venezia Ongaro comm. Max, ing. architetto, Sopraintendente ai Monumenti del Veneto Sindaco di Monfalcone, assistito da Mons. Decano e dall’ ing Fabiani, per incarico di S. A. l’Arcivescovo di Gorizia Tito Ettore, pittore, professore all’Accademia di Venezia.

Ecco il testo della sua relazione

"Gli Artisti che presero parte al concorso per il Duomo di Monfalcone furono numerosi, ma se quasi tutti recarono alla nobile gara il contributo di una fatica sincera, ben pochi diedero qualche prova di una sicura coscienza del problema e di una particolare impronta d’artista.
“Da un primo esame dei progetti, la Commissione seguendo l’ordine di collocamento, ritenne di dover fermare la propria attenzione su quelli contrassegnati dai motivi seguenti: Domus Domini, Distinguo, Crucis, Italice restitutum, Marino, Resurge; Christus imperat, Sant’Ambrogio, Monogramma costantiniano.
"Un esame ulteriore ha fatto restringere il numero dei progetti in discussione e ha suggerito alla Giuria, su ognuno dei rimasti, le considerazioni seguenti:
"Il progetto Italice restitutum presenta nella sua “ variante un organismo di chiesa a tre navate che ricorda il tipo basilicale della primitiva arte cristiana.
"Le proporzioni che costituiscono tale organismo appariscono ottime così nella pianta come nelle parti di sopraelevazione. I rapporti, adottati per il portico, quelli interni per le navate, il partito col quale fu risolto li problema della cappella votiva, la forma la misura il predominio del presbiterio e delle cappelle laterali rispetto alla rimanente parte della Chiesa, il movimento di tutte le masse, la parsimonia degli elementi decorativi che consentono il preponderare dette strutture architettoniche fanno di questo progetto un’opera piacevole e soddisfacente, nella quale l’equilibrio dell’insieme sostituisce in modo efficace la modestia dell’elemento monumentale.
“Non persuade la decorazione data all’accesso della cappella votiva dall’esterno della Chiesa perchè il portale proposto è in disarmonia col carattere del sacro edificio. Altra menda di qualche importanza tecnica è la promiscuità del muro d’ambito della Chiesa con uno del lati del campanile.
Sarebbe stato preferibile che il campanile fosse ideato altrove, consentendo così un maggiore sviluppo alla sacre stia.
“Nel progetto Sant’Ambrogio una chiesa basilicale a tre navi con transetto, offre uno svolgimento piuttosto ampio e grandioso, per quanto non commendevole in ogni sua parte.
“Il campanile situato sull’asse principale e nella parte posteriore della Chiesa dimostra un complesso di eleganze architettoniche di troppo evidente ispirazione.
“La cappella votiva ha bensì un decoroso accesso dall’esterno, ma costringe i fedeli provenienti dall’interno a passare a traverso il prebisterio, anche se il luogo destinato più propriamente alle sacre funzioni è recinto da transenne. Il presbiterio, che deve avere un carattere d’unità e di isolato raccoglimento, è invece frazionato in due zone distinte sulle quali domina il matroneo in posizione assolutamente vietata dalle esigenze liturgiche.
“All’esterno, il progetto presenta evidenti disarmonie fra la facciata, il fianco e l’abside. Inoltre l’incontro fra i diversi tetti del portico sulla facciata, della piccola abside e delle navate laterali è mal risolto.
“Anche il progetto Christus imperat presenta una chiesa a tre navate con transetto, dove si manifesta una lodevole aspirazione a equilibrio e a misura se non a originalità.
Nella parte anteriore della chiesa, per dar posto sufficente alla cappella votiva fu aggiunto al portico d’ingresso un altro ambiente di cui è superflua e sgradevole l’esistenza.
Le sporgenze del transetto non sono felici, e le colonne che prolungano la navata centrale attraverso il transetto risultano inutili.
“Il campanile ha su due lati promiscuità di murature con la chiesa, e non offre sui lati stessi sufficienti garanzie di solidità. All’esterno, le parti in sopraelevazione dimostrano la conoscenza dello stile adoperato, ma difettano non soltanto di originalità ma anche di soluzioni soddisfacenti, come ad esempio all’incontro del coperti del portico e delle navate laterali.
“Nel progetto Marino (tipo C) la chiesa è a tre navate con transetto terminato da absidi, di cui quella a destra destinata a cappella della Vittoria.
“All’incontro delle braccia della croce trovasi una cupola che domina tutto il sacro edificio.
“La separazione delle navate è formata da colonne binate disposte normalmente all’asse principale questa disposizione ostacolerebbe troppo gravemente, dalle navate laterali, la visuale del presbiterio.
“L’atrio della chiesa si trova sgradevolmente spostato a destra, essendosi a sinistra ricavato il battistero.
“All’esterno delle absidi del transetto esistono due loggiati di cui non apparisce chiara la pratica destinazione. La facciata principale si presenta nella sua linea d’insieme simpaticamente armonica. Con un più attento esame però, risulta subito la troppo scarsa ampiezza delle pareti laterali (m. 1,05) e l’esiguo valore dato alla statuaria del coronamento, dove ad esempio l’immagine della Vergine è appena dell’altezza di m. 1,70 ed è situata a m. 19 dal suolo.
Se queste parti essenziali e ornamentali del sacro edificio dovessero riportarsi alle dimensioni indispensabili per le esigenze pratiche e prospettiche, i rapporti di tutta la costruzione dovrebbero venire modificati, compromettendo quell’impressione di grandioso che presenta il disegno.
“A maggiormente avvalorare quanto è detto più sopra, si ricorda che i pilastri dei due loggiati all’esterno del transetto, capitello compreso, sono alti meno di 2 metri. I parapetti degli stessi loggiati sono alti appena m. 0.45.

“Di fronte ai risoltasi di quell’esame che ha preceduto le deliberazioni definitive, la Commissione ritenne di doversi richiamare allo spirito e alla parola dell’art, 4 del bando di concorso, che prescrive il rispetto assoluto, alle necessità imposte dal rito, e afferma doversi preferire — una volta soddisfatte le esigenze dell’arte — quel progetto che ottemperando alle necessità del culto e dell’ambiente, si mantenga dentro forme semplici, severe ed economiche.
“La Commissione passò quindi a fissare come segue la graduatoria di merito:
Al progetto contrassegnato dal motto liatce restitùtom venne conferito il primo premio, con designazione alla costruzione,
“Ai progetti recenti rispettivamente il motto: S. Antonio e Christus imperat venne conferito il secondo premio, dividendone in due parti uguali la misura.
“Aperte le schede relative si tre progetti ne risultarono rispettivamente autori
“I signori architetti Gino Benigni e Francesco Leoni; i signori architetti Berti Giuseppe e, Lorenzetti Silvio e i signori architetti Vittorio Invernizzi e Basilio De Penco.
“Siccome poi nel progetto dal motto. Marino (tipo C) la Commissione ha riscontrato un tentativo, sia pure non convincente, di manifestazione artistica personale, ha deliberato, a malgrado che non risponda completamente alle prescrizioni della gara, di proporlo all’"Opera di Socorso" per un premio di riconoscimento, anche se non previsto dal bando, fissando in lire duemila la misura del premio stesso.
“Agli effetti infine dell’esecuzione del progetto prescelto la Comnissione, che ha pure accettato per quanto riguarda l’organismo un concetto consacrato dalla tradizione, non intende che l’elemento decorativo rappresenti una troppo ligia riproduzione di antiche forme, e meno ancora una esposizione frammentaria di veri o falsi elementi del passato. Se alcuni elementi autentici fossero raccolti dal sottosuolo di Monfalcone in occasione dei lavori della Chiesa, la Commissione opina che potrebbero essere messi in evidenza nell’interno del portico subordinatamente alla loro importanza.
“Per l’elemento decorativo rimanente, l’artista; pur traendo lo spunto dalle tradizioni dell’arte nostra, dovrà dare al sacro, edificio l’impronta della propria personalità.
“A questo scopo la Commissione esprime il voto che l'"Opera di Soccorso" sappia ottenere le guarentigie indispensabili per il buon risultato dell’opera".
La distinzione fuori bando spetta all’architetto Brenno Del Giudice.

LA COMMISSIONE


Come avevamo previsto la scelta toccò a Italice Restitutum che ora sappiamo essere degli architetti Benigni Gino e Leoni Francesco ai quali va veramente tributata lode per la sincerità e l’onestà della loro opera. Non vediamo invece come si possa dividere un premio tra Sant'Ambrogio e Christus imperat S. Ambrogio è un’opera da maestro, le stesse caratteristiche architettoniche trattate con una sicurezza e chiarezza magistrali in Italica Restitutum e al cui confronto Christus rimane gran lunga indietro. Un migliore trattamento, a nostro avviso, spettava invece al progetto Marino.

G. T.

Dobbiamo il permesso di riprodurre il progetto definitivo elaborato dagli architetti Leoni e Benigni alla cortesia degli egregi autori e dell’Opera di soccorso per le chiese rovinate dalla guerra.


DUE SCULTURE DECORATIVE DI ANTONIO MARAINI.


Antonio Maraini ha recentemente ultimato due bassorilievi (uno in bronzo ottenuto a cera perduta; uno in pietra bigia), analoghi per il tipo d’ovale che ambedue li racchiude, ma interamente diversi per significazione e per stile. Nel rilievo dell’Oblata l’artista ha mirabilmente reso il greve ricadere delle stoffe della rozza tonaca fratesca che avvolge la figura della santa moniale misticamente sorridente ed assorta di un oltretomba paradisiaco. In questa suggestiva opera il Maraini ha saputo trasfondere il sentimento religioso ed il ritmo sereno di talune sculture senesi, di quelle che, una volta contemplate, lasciano un duraturo ricordo di pace e di bellezza.
L’altro rilievo, nella figura tragicamente pensosa di Eva, nell’accasciamento profondo di Adamo che si rannicchia spaurito ai suoi piedi, vuoi ritrarre le figure dei protoplasmi dopo la rivelazione della colpa. Non ci nascondiamo alcuni difetti. I due nudi, per talune attitudini forzate e un poco legnose che risaltano subito all’occhio, non sono in tutto convincenti. I complessi avvolgimenti. sanguinei e fogliacei dello sfondo tolgono (a beneficio dell’intento decorativo) un po’ della parsimonia del motivi secondari che avrebbe dovuto accompagnare la tragicità della scena svolgentesi in primo piano. Tuttavia l’autore conserva anche in quest’opera una grande nobiltà d’intenti, caratterizzata sopratutto (come nelle tre figure del teatro di Firenze) dal tentativo di effondere e di disciplinare, attraverso ai ritmi dell’arte decorativa, l’ardore della sua incontenibile passione.

C. CECCHELLI

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