|
GUIDO ZUCCHINI: Disegni di Antonio di Vincenzo per il campanile di S. Francesco di Bologna, con 10 illustrazioni |
Antonio di Vincenzo, il noto architetto di San Petronio, non ha lasciato disegni di sua mano: due schizzi del Duomo di Milano sono l'avanzo di tutta l'attività grafica del grande artista.
Cosicchè, quando alcuni anni or sono, un amico mi riferì che un certo Severino Tattini, impiegato nelle RR. Poste a Bologna, possedeva alcuni disegni di Antonio di Vincenzo, rimasi più incredulo che contento. Difatti il Tattini veramente li aveva tenuti presso di sè per alcun tempo, ma li aveva poi restituiti al vero proprietario e non sapeva che fine avessero fatto. Disgraziatamente quest'ultima persona, certo L. N., un tempo frate francescano, poi maestro di scuola, era morto da qualche anno. Le ricerche che io feci presso i suoi discendenti non approdarono a nulla: ne miglior esito ebbero quelle che tentai presso i conventi, dove egli aveva dimorato da religioso. I disegni di maestro Antonio ai quali era unito un interessante documento del secolo XV, di cui parleremo più avanti, provenivano certamente dall'archivio bolognese del convento di San Francesco: forse l'ex frate li restituì, prima di morire, a qualche suo collega di religione: forse anche in uno spoglio che la famiglia fece delle sue carte essi furono bruciati. Fortunatamente, se gli originali sono ora perduti o nascosti, dobbiamo essere grati al Tattini di averne conservata copia fedele (fig, 2) e di avere anche preso memoria del documento, che illumina di nuova luce la storia del campanile di San Francesco. Più volte il Tattini, ora defunto, mi assicurò che egli, ignaro d'architettura, si era limitato a copiare colla massima fedeltà i tre antichi disegni senza nulla aggiungervi di suo: ed io, data la sua serietà, non ho ragione di dubitarne. D'altra parte osservo fin d'ora che non tutti i particolari decorativi del disegno, che servì all'esecuzione del campanile, corrispondono a quelli che noi vediamo nel monumento attuale: il che vuol dire che certamente i disegni sono anteriori alla costruzione dell'opera d'arte e non viceversa. Di più gli schizzi portavano tre date assai precise: e se pure non erano firmati, il documento quattrocentesco assai chiaramente ne indicava la paternità. Le ricerche di Alfonso Rubbiani (1) avevano fatto conoscere che, verso la fine del secolo XIV, il piccolo campanile di San Francesco, costruito nel 1261 e la vecchia sagrestia erano sembrati ai frati troppo modesti ed angusti, sì che nel 1397 furono contemporaneamente gettate le fondazioni di una nuova sagrestia e di un nuovo grande campanile, iniziato a spese del convento. Antonio di Vincenzo disegnò e intraprese la costruzione di ambedue gli edifici: la sagrestia fu in breve compiuta: il campanile in tutto l'anno 1397 si elevò dal suolo di circa quindici metri, quanto, cioè, è alto il primo tronco. Solamente nel 1401 la costruzione fu ripresa ed eseguita dai maestri Bonino e Nicolò, secondo il disegno cartaceo e i dettagli in grande scala dipinti su un muro della sagrestia da Antonio di Vincenzo. Nel contratto corso tra i due muratori e i frati era detto che il campanile doveva essere alto sovra quello che è comenzado circa pie' nonanta senza lo capello: in un paio d'anni i piedi novanta (2) furono raggiunti, ma il capello o coronamento rimase incompiuto (fig. 3). A questo punto soccorre il documento, di cui il Tattini prese nota e che consisteva in una lettera scritta (in volgare su cartapecora) nel 1433 dal dotto olivetano frate Francesco Ricci da Padova e indirizzata al Reggimento della città, all'autorità religiosa e al superiore dei Francescani. Da quella si apprende che non avendo i Francescani potuto costruire il capello secondo il contratto e il disegno del 1401 per il troppo elevato costo dell'opera, un gruppo di cittadini, desiderando di vedere compiuta la bellissima opera, si offrivano di erigere a loro spese una guglia più modesta disegnata secondo le loro idee. Ma dal convento di San Michele in Bosco frate Francesco si levò a contrariare tale progetto e si rivolse da prima ai colleghi francescani perchè desistessero dall'impresa; poi nulla ottenendo da questi che non volevano disgustarsi i fautori della nuova guglia, grandi benefattori della chiesa e del convento, si decise a rendere pubbliche le ragioni della sua disapprovazione mediante la triplice lettera. In essa frate Francesco si opponeva energicamente a che, non potendosi per ragioni di economia compire l'opera secondo l'ultima idea dell'architetto, si creasse una illogica innovazione, discordante dallo stile e dal carattere architettonico dell'opera d'arte e consigliava di ricorrere ad un'altra soluzione già accarezzata e studiata dall'architetto in alcuni disegni che egli aveva trovati nelle carte lasciate da maestro Antonio e che inviava ai francescani, perchè rimanessero convinti della giustezza della sua proposta. Se nel disegno definitivo del 1401 Antonio di Vincenzo aveva disegnato, a coronamento della torre campanaria, una guglia, per ben due volte nello studiare l'opera aveva indicato il coronamento orizzontale a torre, abbandonato forse da lui a favore della guglia per volontà dei frati o perchè la guglia del piccolo campanile (4) richiamava anche nell'attiguo fratello simile terminazione (figura 4). Nulla ho trovato nell'archivio di San Francesco che ci dica se i frati risposero alla vivace lettera dell'olivetano: è certo che l'intervento di frate Francesco impedì che fosse eseguito il progetto dei ricchi cittadini; cosicchè l'opera rimase incompiuta. Il Rubbiani tentò una ricostruzione del capello (fig. 5) ma poi, nulla sapendo dei vecchi disegni di Antonio di Vincenzo, abbandonò l'idea della guglia (5). Forse il fervore di eloquenza e i ragionamenti dell'antico frate di San Michele in Bosco ebbero un'eco misteriosa nel gusto squisito del moderno restauratore? Dei tre disegni di maestro Antonio (fig. 2) quello centrale portava la data 15 novembre 1396, quello a sinistra 25 febbraio 1397 e quello a destra 11 dicembre 1400 (6). Il campanile fu eseguito, meno il capello, secondo l'ultimo disegno del 1400, che l'architetto studiò ed eseguì mentre i lavori, iniziati nel 1397, erano sospesi: ma è di grande interesse per noi vedere per quali gradi di elaborazione l'artista sia giunto a dare forma definitiva alle sue idee. Nel primo disegno del 1396 Antonio di Vincenzo su un tronco di tipo romanico illuminato da piccole finestre, rigato da sottili e lunghissime paraste, pone una cella campanaria illuminata da quattro grandi trifore di stile fiammeggiante, usate già in alcune cattedrali francesi, e sormontata da un'originale altissima guglia. L'opera, per quanto di un gotico un po' straniero, ha una grande unità di concetto e nella povertà di decorazioni s'intona alla severa nudità esterna dell'attiguo tempio francescano. Poi l'artista, nel secondo disegno, passa a ben diversa concezione: all'impero della linea verticale sostituisce quello dell'orizzontale: ad un solo corpo chiuso è preferita la divisione in tre piani: alla semplicità del nudo mattone si uniscono sorrisi di decorazione e di intagli geometrici, in aperto contrasto colla povertà decorativa dell'abside e degli archi rampanti di San Francesco. Le gentili piccole ringhiere di colonnine pensili ricordano terrecotte lombarde: la ghiera delle finestre appoggiata alla cornice d'imposta è un prodotto locale: i davanzali delle finestre sono suggeriti da quelli della Mercanzia e di San Petronio (figure 1 e 6). Ma le due più grandi novità, le bifore accoppiate della cella campanaria e l'abolizione della guglia, mi fanno supporre che quando Antonio di Vincenzo disegnò il secondo campanile, si ricordasse assai bene di quello di Giotto, che, ultimato nel 1387, egli aveva certamente veduto nel viaggio fatto a Firenze nel 1393 (fig. 7). Forse egli ebbe conoscenza della questione sorta anche a Firenze per il coronamento della bella mole marmorea. Nel disegno attribuito a Giotto è indicata un'alta guglia ottagonale fiancheggiata da ghimberghe sul tipo di quelle dei campanili di Santa Maria Novella (fig. 10), della Badia (fig. 9), di San Francesco di Pisa, ecc., e già in sul finire del sec. XIV, il Talenti ne aveva iniziata la costruzione, poi bruscamente sostituita da un coronamento orizzontale a beccadelli simile a quello del fianco di Santa Maria del Fiore (7). Antonio di Vincenzo fu certamente colpito da questa innovazione e l'adottò, mentre intorno a lui era una selva di cuspidi, di guglie, di pinnacoli, a significare aspirazioni verso il cielo, a indurre elevazioni di pensieri, a favorire estasi di misticismo. Ma l'architetto bolognese, se coltivò lo stile gotico della sua epoca, può ben chiamarsi classico a suo malgrado: tale è il respiro di serena armonia che circola nelle sue architetture, la chiarezza luminosa delle sue ossature murarie, la concentrazione elegante delle parti decorative, la reazione all'astruseria e agli esagerati ricami gotici. Anche nel terzo disegno egli predilesse il senso classico di un coronamento orizzontale e pure prendendo parecchi elementi già delineati nei primi due, quali il grande triforio, le fasce decorative, la bifora del tronco centrale, ideò un'originalissima bifora per la cella campanaria, in cui, modernizzando e parafrasando quella del campanile di San Domenico, precorse forme della Rinascenza. Nella esecuzione poche modificazioni furono portate al terzo disegno del 1400; e precisamente nel davanzale e nel vertice del traforo della finestra, nel tronco centrale, nelle formelle, così caratteristiche dell'arte di Antonio di Vincenzo, dei davanzali e delle lesene angolari della cella campanaria. Non fu poi costruita la cornice terminale ad archetti. Forse nell'ultimo disegno e nella sua esecuzione i tre tronchi appaiono un po' slegati l'uno dall'altro: forse la decorazione si avvantaggia a scapito delle linee architettoniche, ma la rossa torre rimarrà sempre una delle più belle d'Italia, anche se le manca il compimento di un'ultima cornice, anche se è secondo le parole del Rubbiani "quasi finita, ma non finita, come una melodia troncata in sulla cadenza da una sincope". GUIDO ZUCCHINI (1)A. RUBBIANI. La Chiesa di San Francesco in Bologna, ivi, 1886, pp. 47-52 e documenti a pp. 122-127. V. anche I. B. SUPINO. L'Architettura Sacra in Bologna, ivi, pp. 95 e 147. (2) Circa 34 metri: l'altezza totale del campanile è di metri 49. (3) Frate Francesco, che già aveva ricoperto le maggiori cariche dell'ordine, nel 1432 era priore del convento: egli morì nel 1445. (4) La guglia del campanile minore fu distrutta nel secolo XVIII. (5)In un disegno di restauro per le tombe dei Glossatori, solo il piccolo campanile ha indicata la guglia. A. RUBBIANI. Le tombe di Accursio, di Odofredo, di Rolandino de Romanzi, Bologna 1887. (6)Il TATTINI, nel riunire in un solo disegno i tre schizzi di Antonio di Vincenzo, aggiunse di suo pugno la cornice perimetrale. (7)Per il campanile di Giotto v. C. CAVALLUCCI. Santa Maria del Fiore, Firenze 1881. A. NARDINI, Il Campanile di Santa Maria del Fiore, Rassegna Naz., 1885. C. GUASTI, Santa Maria del Fiore, Firenze 1887 e I. B, SUPINO, Giotto, Firenze 1920. |
|
|
|