FASCICOLO IV - DICEMBRE 1922
GIUSEPPE LUGLI: Walcot, con 11 illustrazioni ed una tavola a colori fuori testo
Guidati dalla scrupolosa ricerca archeologica i moderni ricostruttori dell'architettura antica si sono attenuti generalmente ad una fredda, e spesso schematica, opera di restauro, preoccupati quasi soltanto della materia, quasi soltanto del particolare, perdendo talvolta la veduta d'insieme del monumento e quasi sempre isolandolo dal popolo che lo aveva ideato, che lo aveva eretto, che lo aveva vissuto.
Il criterio scolastico che spesso ha prevalso su quello artistico ha deviato generalmente gli studiosi da una viva e reale ricostruzione dell'ambiente classico ed ha reso così la loro opera meno attraente, meno sentita dal pubblico che desidera conoscere le bellezze del passato.
Merito principale del Walcot è quello di aver rotto le catene di questa tradizione; egli concepisce il monumento antico come vita, egli lo sente nella stessa atmosfera nella quale brillò luminoso nei giorni del suo splendore. Forse egli lo sente troppo presto, così che talvolta perde il particolare, o lo accenna appena, o lo sfuma con la simpatica negligenza dell'artista superiore; ma quale realtà di architettura in quelle pietre, in quei marmi, in quegli intagli, quanta luce in quei colonnati dei templi della Grecia e dell'Etruria, in quelle enormi sale dei bagni e delle basiliche romane!
Entrate anche voi con lo spirito di Walcot in una di quelle sale: il sole le illumina per entro grandi finestre, le arcate gettano le loro ombre piene di riflessi, le cornici sembra che scherzino coi marmi delle pareti in un armonico ritmo luminoso.
Il tutto si fonde e si perde nella immensità degli spazi, nel giuoco delle nicchie, dei cassettoni, delle colonne, mentre la moltitudine si agita a masse nelle sale delle basiliche ove si amministra la giustizia, o si bagna voluttuosamente nelle grandi piscine delle terme, come ad esempio in quella di Caracalla (la quale, però, sembra che fosse a cielo scoperto), o gode la reazione di una mite atmosfera nel tepidarium che serviva di passaggio fra il bagno freddo e il bagno caldo.
Se fissate un po' queste mirabili ricostruzioni, nelle quali il Walcot è validamente coadiuvato da Miss H. M. Atkins vi sentite l'anima penetrata da quel fasto romano che segnò l'apogeo nel II e III secolo d. Cr.; vi sembrerà di vivere tra quel popolo stesso che seppe conquistare e reggere il mondo, vi troverete coinvolti inconsciamente tra la folla dei clienti che affluiscono l'atrio del nobile romano, o che discutono nei vestiboli delle basiliche, o che accorrono avidi di sangue e di eccidio nei luoghi di spettacoli, entrando a fiumane pei grandi romitori.
Osservate la bella acquaforte in cui è raffigurato il popolo di Roma che si accalca nel Colosseo ad assistere ad una caccia di animali feroci o ad uno spettacolo di gladiatori. Non vi dirò che dal punto di vista archeologico questa ricostruzione sia tra le più esatte: le monete di Tito, coniate per la solenne inaugurazione nell'anno 80 d. Cr., ci mostrano le arcate adorne con statue, in modo da rendere il monumento quasi un museo. Ma il Walcot ha preferito porsi dinanzi il Colosseo nelle condizioni di oggi, corroso e martellato da secoli fortunosi; e dopo averlo lungamente ammirato, ha chiuso gli occhi e lo ha visto animarsi, lo ha visto popolarsi di una folla tumultuosa e irrequieta, senza preoccuparsi troppo della purezza levigata del marmo pentelico, nè delle statue che riempivano le arcate; soli accenni di romanità sono due grandi drappi che pendono dai fornici principali, situati agli estremi dei due assi.
Romanamente sente il Walcot il mondo romano, così come sente con anima greca il mondo greco, con anima orientale il mondo egizio e babilonese. Due belle acqueforti riprodotte nelle figure 8 e 9 ci danno una ricostruzione di alcuni grandiosi templi visitati da Antonio in Egitto.
Nella prima un placido corteo, di cui fanno parte due grossi elefanti che trasportano sulla groppa il regale signore, si appresta al tempio, soffermandosi nel recinto d'ingresso, chiuso con alte mura istoriate.
Nella seconda, abbiamo il tempio con le fabbriche annesse ancora in costruzione. Qui la scena è agitata, è viva quanto altra mai: mentre i fedeli salgono a frotte numerose le scale, gli operai lavorano attivamente sulle impalcature e le mura crescono, e la materia prende vita.
Ci troviamo di fronte all'architetto che non può dimenticare la. sua arte, anche nelle forme di passaggio, anche nelle fasi che preparano il compimento dell'opera sua. Ma ci troviamo ancor più di fronte all'artista che sa presentare quest'opera con una veste non comune; con un'armonia mirabile di luci, di piani, di colori; con una perizia di tecnica, specialmente nell'acquaforte, che possiamo chiamare veramente piranesiana per il poderoso contrasto che egli ne sa ritrarre.

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