FASCICOLO II - OTTOBRE 1922
CARLO CECCHELLI: Origini del Mosaico Parietale Cristiano (III), con 8 illustrazioni
La vôlta a cupola ci conduce a parlare anche di quelle a crociera i cui quattro spigoli arrotondati e vanienti nella lieve concavità centrale permettono una decorazione analoga a quella delle cupole. Solo che le partizioni verticali si riducono a quattro ed ora le percorre uno stelo floreale (cappella ilariana di S. Giovanni Evangelista presso il Battistero lateranense; secolo V) ora un festone saliente con fiori, frutta, medaglioni, pavoni, ecc. (scomparsa cappella ilariana di S. Giovanni Battista presso il suddetto Battistero; secolo V - presbiterio di S. Vitale in Ravenna; inizi secolo VI), ora un palmizio (cappella S. Matrona presso S. Prisco in Capua Vetere; prima metà sec. VI), ora un cespo d'acanto (vôlta centrale di Casaranello; secolo V), ora infine delle cariatidi o telamoni, o atlanti. A proposito di questi ultimi presento un significativo mosaico pavimentale del Museo Vaticano proveniente dal Tuscolo e ricordo i quattro angeli-atlanti che, come appare dal disegno del Sangallo (nel disegno sono abolite le ali e accentuato il carattere maschile forse per ispirazione umanistica), balzavano in un frondeggiare d'acanto dalle impôste di vôlta dell'oratorio di S. Croce (sec. V) presso il Battistero lateranense (25), e tendevano le braccia per sostenere il clipeo con la croce del centro. Queste vigorose figure sono ridotte al tipo tradizionale nella cappella detta di S. Pier Crisologo in Ravenna e nel presbiterio di S. Vitale (inizio VI sec.) e così trasformate giungono alla cappella di S. Zenone in S. Prassede, sugli inizii del IX secolo. Ecco l'ultima fase di un partito decorativo che s'iniziò forse in Egitto col tema dei Toth reggenti la vôlta celeste (zodiaco di Denderah) e poi passò nell'arte romana (mosaico del Tuscolo, S. Costanza) da dove lo trasse l'arte basilicale. Segue naturalmente la stessa via anche la divisione della vôlta celeste in zone circolari, secondo le antiche idee cosmografiche d'Oriente. Nel mosaico di Tuscolo essa già appare. Dopodichè giungiamo per logica evoluzione (sia pur lievemente modificata da qualche idea dei nuovi cosmografi) ai circoli del cielo superiore rappresentati in Casaranello e nel Battistero d'Albenga. Lo spazio sidereo che li attornia serve a dividerli dalla terra.
La decorazione delle vôlte impostate su quadrilateri ha pure analogie con pavimenti. Non si può negare per esempio che il tema dei càntari da cui la vite o l'acanto frondeggiano verso il centro (S. Matrona, ecc.) non s'ispiri a molti pavimenti classici: Uthina (Oudna), Zara, ecc.
Da ultimo passiamo alle decorazioni delle vôlte anulari tornando di necessità a quella di S. Costanza. Notiamo anzitutto che essa è divisa in zone da bande con fregi di cerchi intrecciati che si rivedono nel pavimento della basilica sotto il campanile d'Aquileia, nell'abside di S. Aquilino in Milano ed altrove. Ogni zona o specchio include un tipo di mosaico diverso. Tutti però hanno spiccati caratteri di mosaici pavimentali. C'è il genere asaroton in cui fiori, frutti, ramoscelli, oggetti sono sparpagliati confusamente, c'è invece il tipo a rigida geometria di croci ed ottagoni che rivediamo nel pavimento teodoriano d'Aquileia e in un ipogeo del IV secolo a Vigna del Grande (presso le catacombe dei SS. Pietro e Marcellino in Roma (26)) c'è il tipo comune a croci di rombi, ed altresì quello a clipei con figurazioni che si ritrova, per esempio, in un pavimento conservato nel Museo Alaoui; o ad annodature con cavalli marini e fiori entro ogni nodo (che appare in molti mosaici raccolti nei musei romani) ovvero a racemi di vite con figure centrali e putti vendemmiatori che ha i suoi simili in molti mosaici d'Africa (Oudna, ecc. (27)) e d'Italia, a non parlare di stucchi e pitture con identico soggetto. Del resto la vôlta anulare di S. Costanza aveva il suo immediato riscontro pavimentale nel tondo in monocromo che stava nell'aula del centro. Era questo mosaico di così profana apparenza che forse fu causa della falsa denominazione di «Tempio di Bacco» data al Mausoleo. Forti caratteristiche pavimentali ha pure la vôlta a botte nel braccio laterale della chiesa di Casaranello in provincia di Lecce (secolo V) con la sua larga annodatura intermedia, le volute rincorrentesi, le trecce, tutti elementi di mosaici romani, per cui non v'è necessità di pensare ad arte orientale come fece l'Haseloff (28).
E a proposito di arte orientale ci piace terminare con questa osservazione: nei mosaici romani pavimentali e parietali si nota una forte tendenza a disciplinare le figurazioni in inquadrature geometriche, in gruppi simmetrici ovvero concorrenti verso un centro, sì da costituire di questo genere decorativo un vero e proprio elemento architettonico. L'asarôton della vôlta anulare di S. Costanza e in correlazione ad altra zona simile dello stesso anello e per di più vien costretto dalla rigida inquadratura di tutto il giro il quale risulta composto di tanti semisettori raggianti dal nucleo rotondo della nave centrale. Anche nelle vôlte catacombali le varie scene e le decorazioni son quasi sempre sistemate secondo una precedente spartizione dell'intera superficie. Questa organica rispondenza tra forme architettoniche e decorative, questa abitudine a costringere entro inquadrature geometriche i soggetti quasi per timore che folleggino oltre lo spazio loro destinato, è l'indice di una logica e rude concezione alquanto diversa da quella dei popoli orientali che lasciano maggior libertà agli elementi decorativi. Ciò si spiega col principio informatore diverso, giacchè presso quei popoli l'ordinamento decorativo è disciplinato da concezioni ideali più che dalle esigenze architettoniche. Ma queste idee potranno essere più ampiamente svolte altrove. Per ora fissiamo i punti delle nostre conclusioni, e cioè:
L'uso di decorare pareti e vôlte con mosaici fu noto all'età classica romana. Appena pochi accenni se ne hanno su pareti piane e continue; vari invece per superfici curve, cioè nicchie, absidi, esedre, vôlte a botte ed emisferiche, specie di edifici termali (29). Una più vasta utilizzazione si ha dal II secolo in poi, mentre nel I (Pompei) ha ancora il carattere di un uso limitato, forse perchè esotico e d'importazione relativamente recente (30).
La materia ordinaria dei mosaici parietali è rappresentata sin dagli inizii dai cubi di pietre (fondi chiari) mescolati ad abbondanti cubi di smalto (figurazioni). Le tessere auree la cui esistenza nel II sec. dopo Chr. risulta finora dubbia, appaiono invece sicuramente nel III. I fondi preferiti in pareti e vôlte sono il turchino (smalto) e il bianco (quasi sempre marmo).
Oltre che in edifici profani il mosaico fu utilizzato in edifici del culto. Dai due esempi (il Mitreo e il santuario dei Luperci) potremmo indurre che fosse più in voga negli oratorii privati, che nei templi pubblici, ma l'idea sarebbe azzardata.
Il mosaico parietale non ebbe solo motivi geometrici, di fauna e di flora, ma trattò anche la figura umana. E' essenziale rilevare che esso s'ispirò con frequenza a motivi di mosaici pavimentali copiandoli talvolta pedissequamente. Così mosaici circolari con le loro spartizioni in settori ebbero talvolta corrispondenze in cupole emisferiche. Ciò spiega il passaggio di molti motivi decorativi pavimentali nel mosaico parietale cristiano. Fors'anche gli stucchi delle vôlte offrirono alcunchè dei loro temi ornatistici a base geometrica che tuttavia hanno pur essi riscontri nei litostrati.
A questi precedenti classici si aggiungono nel IV secolo le iconografie già evolutesi nell'arte delle catacombe (cui peraltro non era del tutto ignoto il musaico parietale), la quale aveva a sua volta adattato pei propri fini simbolici e liturgici molte figurazioni dell'arte profana. Da tale unione si origina il mosaico parietale cristiano producendosi tuttavia questo spostamento: Le iconografie prendono il campo centrale, i soggetti decorativi classici, salvo eccezioni, vanno ai bordi, o in parti secondarie.
In quanto alla evoluzione della tecnica, parallela al volgersi dell'ideale estetico, osserviamo che nel I sec. il mosaico parietale nelle grandi composizioni a figure tende (come gli emblemi) ad avvicinarsi, per quanto possibile, all'affresco, non evitando tuttavia qualche convenzione (quadro Casa d'Apollo). Maggior libertà però vi era, come per gli affreschi, nelle composizioni di carattere decorativo (fontane, colonne di mosaico, ecc.). Nel II sec. inoltrato il processo dissociativo si accentua anche per le riproduzioni della figura umana (Silvano del Mitreo d'Ostia). Nel IV siamo già allo schietto divisionismo (v. per es. le figure - Gallo e Costantina? - nella vôlta anulare di Santa Costanza). È questo il momento in cui il mosaico parietale corrisponde alla sua vera natura e rappresenta una forma d'arte a sè. La prevalenza del cromatismo puro contemporanea al recedere del senso del rilievo e al decadere della varietà, della correttezza e del vigore delle linee si maturerà verso la fine del V secolo, mentre i germi di tale evoluzione possono riscontrarsi già in opere del periodo classico.
La questione degli apporti orientali può essere risolta in linea di massima constatando l'origine orientale e più che altro alessandrina del mosaico parietale romano ma rilevando pure la sua rielaborazione e in parte trasformazione attraverso il vaglio del mondo romano, da cui passò direttamente all'arte basilicale cristiana.

(25) Vedi LAUER: Le Latran, n. p. 56. n.
(26) V. riproduz. in MAZZANTI: La scultura ornamentale romana dei bassi tempi («Arch. stor. dell'arte» serie II, anno II, p. 47 estr.). - (L'ipogeo era creduto come facente parte della catacomba dei SS. Pietro e Marcellino).
(27) Per questi mosaici d'Africa vedi DE LA BLANCHÉRE: Musée Alaoui.
(28) Vedi Bollettino d'Arte del Ministero P. I. 1907, fasc. XII.
(29) La osservazione fatta già dal GAUCKLER, Musivum opus fu con novità di vedute svolta dal Ricci in Bollettino d'Arte del Ministero P. I. 1914, p. 273.
(30) «Pulsa deinde ex humo pavimenta in cameras transiere e vitro: novitium et hoc inventum» dice Plinio (H.N. XXXVI, 64) nel I secolo dell'E. V. Aggiungerò qui alle fontane pompeiane un'edicola, pure di Pompei, con una grossolana decorazione musiva (Reg. VI, Ins. XII, n. 56) e qualche iscrizione a mosaico della stessa città. Passando all'Africa segnalerò i muri di sostegno di un ruscelletto artificiale, provenienti dalla collina dell'Odeon di Cartagine. In varie zone si vedono uccelli acquatici, pescatori gettanti la lenza, boschi in vicinanza della spiaggia (vedi GAUCKLER: Catalogue du Musée Alaoui. Supplement, Paris, 1910, p. 8, n. 190). Vi è pure nel Museo un rivestimento di esedra di fontana con figure di pesci, scavato anche in Cartagine (GAUCKLER cit., p. 10 n. 202).
A complemento delle notizie date, ricordo alcuni testi dai quali bisogna ritenere che si accenni a quadri musivi parietali (come del resto farebbe supporre la parola museo= musivum) non essendo comprensibile che le scene descritte fossero collocate nei pavimenti alla mercè dello sfregamento dei piedi. TREBELLIO POLLIONE: Triginta Tyranni, 25, 4, parla della casa dei due Tetrici esistente sul monte Celio e la dice: «pulcherrima, in qua Aurelianus pictus est utrique praetextam tribuens et senatoriam dignitatem accipiens ab his sceptrum, coronam, cycladem; pictura est de museo».
SPARZIANO:Pescennius Niger, 6, 8, dice di Pescennio:
«Hunc in Commodianis hortis in porticu curua pictum de musio inter Commodi amicissimos videmus sacra Isidis ferentem».
Un anonimo panegirista di Massimiano e Costantino, parlando delle nozze contratte da quest'ultimo nel 307 a Treviri con Fausta, accenna ad una scena esposta sulla parete del triclinio nel palazzo di Aquileia in cui si vedeva Fausta offrente un ricco elmo allo sposo.
Questi brani dimostrano che nel III e IV secolo anche le scene di soggetto storico erano ampiamente trattate in pittura e in mosaico. Quindi non ci devono meravigliare: la creazione dei quadri biblici dl Santa Maria Maggiore, la scena della tempesta e della Salvazione eseguita per ordine di Galla Placidia nell'abside di S. Giovanni Evangelista di Ravenna in memoria di un fatto occorsole, le scene con Teodorico o con Giustiniano (esistenti o scomparse) che abbellirono Ravenna, Pavia, Napoli.

torna all'indice generale
torna all'indice della rivista
torna all'articolo