|
PAOLO MEZZANOTTE: La prima Mostra Nazionale di Arte Sacra in Milano, con 31 illustrazioni |
Si è inaugurata questa prima mostra nazionale d'arte sacra, nel delizioso chiostrino delle Grazie, all'ombra della cupola di Bramante. Largo intervento di autorità, di religiosi e di laici, chiara e concettosa presentazione del Crispolti, caldo alato sermone di Monsignor Celso Costantini, l'infaticato apostolo dell'arte sacra. Della quale si vorrebbe poter festeggiare il laborioso rinascere.
Perchè da oltre un secolo ad oggi, è nella storia dell'arte sacra tutta una lacuna che non valgono a colmare sporadici esemplari, frutto di fede ostinata e di nostalgico amore di qualche solitario; esemplari che sembrano fatti per dar risalto allo squallore senza rimedio della contemporanea produzione sacra. Da un pezzo ormai l'arte si è staniata dalla casa di Dio, dove era cresciuta così rigogliosa; artisti e credenti non si comprendono più, anzi si ignorano a vicenda e non paiono nemmeno desiderarsi; è nato, fra le due parti, uno sciagurato malinteso, che un gruppo un pò esile, ma volonteroso di artisti e cultori appassionati, vorrebbe con queste iniziative chiarire e dirimere un pò alla volta. Intento nobilissimo, che deve indurre a considerare con attenzione e benevolenza anche risultati non sempre rispondenti alla nobiltà degli sforzi generosi. Direi che in Italia il problema della rinascita dell'arte religiosa ha importanza anche maggiore che altrove; non forse per una pura coincidenza il nostro paese ha perso il primato delle arti, quando la Chiesa ha cominciato a disinteressarsene. L'iniziativa è partita anche questa volta dalla Società degli Amici dell'arte cristiana a cui si dovette, due anni fa, la Mostra d'arte sacra di Venezia; mostra quella un poco farraginosa e pletorica che risentiva di improvvisazione; non priva d'interesse tuttavia nè di qualche immediata utilità, per la vicinanza delle zone devastate dalla guerra, largo campo di applicazione di arte religiosa. Questa prima nazionale, come la si è voluta chiamare (chiaro indizio della volontà da parte dei promotori di ripeterla a brevi intervalli) è più scelta e più riposata e venne preparata di lunga mano con maggior cura. Annunciata per il settembre dell'anno scorso, ne venne rimandata l'apertura a più riprese fino a questa primavera, perchè l'esito ne fosse meglio assicurato; provvedimento a cui non si dovrebbe però ricorrere troppo spesso e facilmente senza sufficienti motivi. Eliminate molte scorie, scartato il ciarpame mercantile che, se deturpa le umili chiese campestri, più offende accostato nei templi maggiori ai segni di un passato glorioso, escluse le riproduzioni e in genere quelle opere che pur ispirate a senso di religiosità, avevano col programma della mostra un'attinenza troppo vaga, la mostra appare, in confronto alla precedente, ordinata con miglior intelletto d'arte e più giusta severità di criterii. Quadri e statue di vario valore, progetti e studii di edifici religiosi, non volgari suppellettili sacre ricevono buon risalto dalla raccolta bellezza del locale e dalla accurata collocazione. Certamente una maggiore selezione sarebbe stata desiderabile ad evitare stonature; ma quando mai i programmi più rigidi e le giurie anche più ferocemente severe son riuscite a purgare le esposizioni di quel tanto di zavorra che vi si insinua malgrado tutto, quasi a dar valore alle proteste degli artisti caduti e ragione alle facili ironie della critica? La scultura e più la pittura è largamente rappresentata alla mostra: e non mancano buoni nomi e nomi insigni. Nessuna rivelazione: le opere migliori sono già conosciute, ma non è inutile vederle qui riunite. Si rivelano le pitture nella loro totalità o quasi, pensate come opere da cavalletto, per le pubbliche mostre e non destinate agli altari: le opere di commissione sono in genere di valore inferiore. Un gruppo importante delle opere del Previati si è potuto riunire, ed è curioso, vederle commentare e discutere in vario senso come cosa nuova dal pubblico un po' speciale che frequenta questa mostra. Il quale dimostra interesse anche alle sale d'architettura, per solito così neglette nelle pubbliche esposizioni. In questo ramo si notano però molte, troppe diserzioni. Il catalogo si inizia e termina col nome caro di due veterani, il Moretti e l'Arpesani. Ma i giovani hanno scarsamente risposto: mancano all'appello molti che nella mostra di Venezia si erano annunciati colle migliori promesse: eppure oggi ancora le zone devastate offrono largo campo alla fantasia e alla perizia degli artisti: mai forse 1'architettura ha avuto campo di esercitarsi su più vasta scala in così breve spazio di tempo. Ma di un grandioso risultato d'arte, quale si poteva sperare da una così eccezionale condizione di cose, qui non si scorgono le testimonianze. Pigrizia da parte degli architetti nel rendere pubblico il risultato del proprio lavoro o difetto di richiamo da parte degli organizzatori? Purtroppo, per quel che se ne sa e se ne vede, nonostante l'assistenza oculata da parte dell'Opera di Soccorso residente a Venezia, non pare che l'arte sacra si sia affermata nelle chiese di nuova costruzione meglio che la civile negli innumerevoli monumenti ai caduti pullulanti nelle città e nelle borgate. I rivolgimenti in architettura non sembrano poter seguire il ritmo accelerato della vita moderna: occorre, per la elaborazione delle nuove forme, la pazienza degli anni, l'esperienza meditata di generazioni. Lo stesso fenomeno si è del resto verificato dopo i grandi terremoti di Calabria e di Sicilia: si sperava che dalle nuove necessità create dalla edificazione affrettata potesse scaturire una nuova formula, e i risultati hanno pienamente deluso ogni aspettativa. Mi astengo di proposito da un giudizio sulle singole opere esposte; compito che appare singolarmente gravoso a chi sa le difficoltà dell'arte e che volentieri lascio alla faciloneria improvvisatrice della critica gazzettiera. Più utile mi sembra rilevare le tendenze che si rivelano attraverso il complesso dei saggi, non abbondanti, degli architetti che hanno acceduto all'invito degli Amici dell'arte cristiana. Un'osservazione confortevole anzitutto: l'imitazione dell'arte straniera, piaga dolorosa ed umiliante della contemporanea nazionale, si va rendendo meno palese; v'è nelle opere esposte l'indizio di una più diligente osservazione delle caratteristiche regionali, un maggior studio del color locale; ed è indubbiamente un progresso. Inaspettatamente poi e contrariamente a quanto pareva annunciarsi in precedenti mostre d'architettura, l'arte sacra, in questo periodo di eclettismo di indirizzi e di stili, sembra orientarsi verso un ritorno a forme medioevaleggianti. La tendenza al rinnovamento classico, di cui si fa tanto discorrere da qualche anno, era dunque un'illusione? Ma nell'architettura civile non pare. Non dobbiamo dimenticare che, sebbene la mostra si dica nazionale, gli espositori sono per la maggior parte delle provincie settentrionali, dove l'arte sacra medioevale ha radici più profonde; nell'alta Italia da parecchi decenni si è fatto ricorso per gli edifici religiosi a forme arieggianti le lombarde e anche le gotiche, forme per definizione irrimediabilmente anacronistiche anche se applicate con gusto e genialità. Le derivazioni medioevali sono anche apertamente confessate dalle interessanti opere di quel breve gruppo di artisti, che si presenta per la prima volta al giudizio del pubblico col nome di Scuola del Beato Angelico. Scuola in realtà dove i maestri, nel significato più alto della parola, ancora non si vedono. Perché certamente i giovani direttori di questa scuola nella loro ben conosciuta modestia non si atteggiano a maestri; ne a questo rango pretende Vanni Rossi, il giovane pittore, che qui presenta numerosi apprezzati saggi della sua copiosa produzione sacra. Continuatore dei modi del Previati esprime le sue mistiche visioni in figurazioni evanescenti, incorporee, dal colorito tenue, un poco monotono e convenzionale, alle quali non può negarsi soavità di atteggiamenti, gentilezza di espressione, nobiltà di composizione, specie nella serie delle «madonne». Ma il Previati, pittore di eccezione, è un maestro terribilmente pericoloso e i suoi epigoni sono destinati a rimanere al di sotto di lui, la sua opera obbedisce ad una ispirazione più poetica che pittorica; creata per le minoranze intellettuali, ha scarso potere d'irradiazione nel pubblico e non è mai giunto agli altari. La stessa sua Via Crucis, che, nonostante le sue deficienze rimane sempre una magnifica pagina di arte espressiva, non ha avuto fortuna. Ricordo d'averne vista una riproduzione fotografica in una sperduta chiesa dell'Appennino: ma poi ho saputo subito che era stata regalata da un noto mecenate del compianto maestro?.. Certo se il sacerdozio avesse capito a suo tempo quanta religiosità in potenza era nelle creazioni, a mo' d'esempio, di un Segantini o di un Previati e se ne fosse accaparrata l'opera, e, guidandola col freno della liturgia, avesse saputo renderla conforme ai propri canoni ed accessibile ai fedeli, l'arte sacra non sarebbe nelle presenti strette. È in una accurata scelta degli interpreti che può essere il suo avvenire, piuttosto che in un segregarsi di artisti presti a inseguire, senz'ali robuste, lo svanire di un sogno. È vano pensare alla possibilità di una rinascita, in tempi cosi profondamente mutati, di quegli studia artiurn, che, a lato degli ordini monastici, ebbero tanta parte nella formazione del pensiero artistico nel medioevo. Il cattolicismo, agile a rinnovare col mutare dei tempi i modi d'attuazione del suo programma d'espansione, pronto sempre ad accaparrarsi le migliori energie, ad assimilare tutti i frutti dell'ingegno per occupare tutti i varchi dello spirito umano, aveva, almeno nelle epoche migliori, sempre di mira sopra ogni altra qualità il valore degli artisti collaboratori; e chiudeva volentieri un occhio sui trascorsi di un frate Lippi o peggio sulle gesta criminose di un Caravaggio purché fornissero buone opere. Leggo in un carteggio inedito di Federico Borromeo, intento ad un rinnovamento dell'architettura religiosa, i suoi tentativi per ottenere dalla Serenissima le prestazioni dello Scamozzi: non riuscendo, attrae Fabio Mangone nelle scuole dell'Ambrosiana; sa frattanto di un giovane ventenne promettente e lo invia, a proprie spese a Roma a compiere i proprii studii: quel giovane fu poi il Richino. Ed oggi ancora, quando per dare aspetto di bellezza alla casa di Dio, si sono chiamati artisti di valore, questi, nella maggior parte dei casi hanno dato opere degne e spesso, davanti alfa grandezza del tema, hanno saputo superar sé stessi. Veggansi le decorazioni del Santuario di Loreto. Meglio ancora dove si è fatto ricorso al sistema dei pubblici concorsi; i saggi per la vôlta degli Scalzi e quelli per la decorazione parietale di S. Francesco di Ravenna, esposti nella presente mostra, sono più di una promessa. Esempi confortanti, ma ancora sporadici. Domina nell'arte religiosa l'improvvisazione e l'incompetenza. Le opere più importanti sono spesso affidate a mestieranti o ad artisti di rango inferiore. Le sovraintendenze ai monumenti hanno un gran da fare nel contenere lo zelo poco illuminato dei parroci vogliosi di lasciar memoria di sé in pretesi abbellimenti delle lor chiese. Guai poi nelle campagne, dove infierisce la piaga di qualche prete dilettante di architettura! In alcune diocesi si sono istituite presso i seminari delle lezioni d'arte, coll'ottimo intento di rendere consapevoli i giovani sacerdoti, oggi reclutati per la massima parte nelle classi meno elevate, dei tesori artistici affidati alla loro tutela. Ma nulla è peggio della mezza coltura e si finisce a creare negli allievi meno intelligenti la illusione di sapere e la pretesa di far da sé, e male, naturalmente. Bisognerebbe che questo insegnamento fosse anzitutto scuola di umiltà e che ai chierici si insegnasse avanti tutto quale somma di difficoltà si compendii nella elaborazione dell'opera d'arte, così da renderli cauti nell'affrontare senza conveniente preparazione responsabilità paurose. È nella elevazione della coltura del clero, presupposto necessario alla fidente collaborazione di tutte le forze vive dell'arte moderna, che si può sperare un miglior indirizzo dell'arte religiosa. Frattanto queste adunate, queste esposizioni hanno una loro indubbia utilità; soprattutto nel tenere rivolta all'argomento l'attenzione del pubblico. E più di un sacerdote di lontane parrocchie nei silenzi suggestivi del chiostro delle Grazie, appena interrotti dal mormorare di un'esile fontanella, avrà al cospetto di questi saggi forse imperfetti, forse incompleti, ma onesti, misurata la distanza che li separa dall'arte commerciale e dalla produzione in serie, vergogna delle nostre chiese: e poi passando al Cenacolo Vinciano, che grandeggia vicino qual monito solenne, avrà intuito, in un repentino risveglio dell'istinto d'arte atavico, la presenza di un capolavoro e la grandezza sublime dell'opera dei padri. |
|
|
|