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VITTORIO MORPURGO: Gli edifici scolastici e la Minerva, con 29 illustrazioni |
In pochi paesi di Europa resta ancora tanto da fare in materia di edilizia scolastica come da noi le scuole son poche, spesso occupano locali adattati alla meglio che mal rispondono alle esigenze igieniche e pedagogiche.
I comuni debbono provvedere; e lo Stato, che male elargisce i fondi dei contribuenti in opere di una utilità pubblica che subito ritorna in utilità di pochi privilegiati, ben farebbe a contribuire in più larga misura e con munifico slancio a questa che è civilissima fra le opere di pace: la costruzione delle scuole; obbligando i comuni o subentrando ad essi nella iniziativa. Vi sono in Italia piaghe vastissime che attendono la prima scuola, vi sono città dove linsegnamento è impartito in condizioni che non sarebbero tollerabili in un villaggio. Molto si deve fare: e sarebbe augurabile che si facesse bene. Ma non sono lieti gli auspici che si possono trarre da quanto in questi ultimi anni è stato fatto, nè dalla quasi totalità di quello che ancor oggi si sta facendo. Che non esista in Italia una architettura del tempo è lamentato da tutti: da chi vorrebbe vederla nascere, anche attraverso gli smarrimenti e le deviazioni, da chi vorrebbe ucciderla al suo primo vagito; nel fare il villino, la casa, la chiesa si va un po tutti a tentoni, si copia bene o male dallantico; ma se si deve fare la scuola, al monte o al piano, nel paesello o nella grande città, fra le nevi delle Alpi o sulle coste assolate della Sicilia, vivaddio. Lo stile cè. Si tiran su quattro muri ad una unica altezza senza movimento di masse o, peggio, con risalti a grossezza di intonaco; si raggruppano uniformemente tre a tre le innumerevoli lunghe finestre rettangolari che muovono in alto a un timido tentativo di sesto circolare, si corona la lunga scatola con una sagoma magari goticheggiante, si stria il tutto a falsa pietra o a falsa cortina . e la scuola è fatta! Pure vi è stato chi si è allarmato di una cotal varietà e ha cercato di porvi rimedio: il Ministero della pubblica istruzione, che nel 1911 ha pubblicato un grosso librone: La Casa della Scuola. Il librone ha un bel titolo, un titolo che mostra come un pio desiderio di sburocratizzazione nel compilatore o nei compilatori, come una vaga tendenza a ravvicinare la scuola alla famiglia; ma non e che un titolo. A traverso le pagine, che sono molte e dense di diagrammi e tabelle, di norme tecniche ed igieniche salta fuori la scuola così come malauguratamente siamo soliti a vederla nelle nostre vie, tetra, nuda, inospitale, uggiosa ai piccini, ai grandetti e ai grandi. Nel grosso volume le norme igieniche son tradotte in numeri: si consiglia la forma e laltezza delle finestre e il loro interasse, si scende ai più minuti particolari fino a prescrivere lo zoccolo nelle aule a un metro e ottanta da terra e di colore grigiastro!... E ad evitare che nei limiti angusti offerti dai regolamenti la fantasia dellarchitetto possa ancora spaziare, a raggiungere quella burocratica uniformità che rappresenta lideale della Minerva in materia di edilizia scolastica, il grosso volume termina con una esemplificazione di piante-tipo e richiama ai progetti-tipo editi anche essi in nitidi volumetti a cura del Ministero; con-sente si, che i tipi possano venire adattati alle speciali esigenze planimetriche ed altimetriche del singolo caso; ma li dà completi di piante e prospetti; e ci son tanto di bravi dettagli decorativi (?) a grande scala, tutto perchè limprovvisato architetto dalle Alpi al Lilibeo possa trarre dalla materia bruta la soave armonia delle architetture mi-nisteriali, che sposano alla banalità esasperante delle piante la sgrammaticatura dei prospetti fatti di un classichetto imbastardito. Questo è il vangelo di chi debba costruire in Italia la scuo-la. E non si dica, come si legge sulla. copettina dei progetti tipo, che essi hanno valore solo di esempio; son di quegli esempi che si impongono, non per il toro valore intrinseco, ma perchè sono ammanniti da quella stessa autorità che deve poi rivedere le bucce a chi si appresti allarduo compito di progettare un edificio scolastico. Scendiamo al caso. Un comune deve co-struirsi la scuola. Ha la scelta. O prende così, bello che fatto uno dei progetti tipo (che sono sempre a disposizione dei comuni che ne facciano richiesta; è detto, come un allettamento, nel librone) e lo fa alIungare od accorciare o piegare ad angolo da un qualsiasi amanuense, così come si fa per il vestito che si compra e si fa adattate dal sartino; risparmia la spesa e la noia di un architetto; il progetto allungato o accorciato o piegato nulla ha da perdere, è quello del Ministero, sarà approvato; non può il Ministero fare un torti alle sue creature. Oppure, non per coscienza della necessità di valersi dellarchitetto, ma per far piacere a Tizio o a Gaio, al consigliere provin-ciale o al deputato del luogo, si dice ad un ingegnere che, preferibilmente, sarà di quelli che sanno di strade e di ponti, e di architettura niente: studiami un progetto. E sono due: o questi fa quel che il Comune per strano caso non ha fatto da sè: ricuce uno dei tipi ministeriali e lo rispedisce per lapprovazione immancabile e tutto va bene (male per il nuovo edificio che vien su sciatto e tetro); o il prescelto è ancora uno di quei pochi che, illusi, vedono ancora in ogni nuovo incarico la possibilità di far meglio di quel che si deve fare per accontentare il cliente e allora egli si ingegna, muovendo nel letto di Procuste delle disposizioni ministeriali, a progettare una scuola che abbi a aria e luce quanto occorre e che sia semplice, lieta, fresca, anti-ministeriale, una scuola che eserciti lattrazione delle cose belle sui futuri allievi; ma il segretario del comune si spaventa delle innovazioni e, se anche approva in cuor suo le audacie dellarchitetto, ha ragione di temere che, allontanandosi sensibilmente dai tipi, si possa correre il rischio di veder bocciato il progetto dal Ministero; ed esercita la sempre deleteria influenza del committente sul progettista . e lo fa tornare ai tipi. Eppure il tema della scuola è oggi tra i più importanti; già nel 1907 Henry Bau-din nella sua egregia opera su "les constructions scolaires en Suisse" affermava che "de meme que, si c'est léglise qui fut lexpression la plus forte dune certaine époque, lécole sera, sous ses multiples formes, la manifestation architecturale du XX siècle". Oggi che anche i meno idealisti debbono riconoscere che un ritorno allequilibrio sociale deve venire da un elevamento morale delle masse, la scuola viene ad assumere veramente la funzione di tempio. Provvidenze di vario ordine debbono trasformarla. Ma non basta che maestri ed alunni siano coscienti del valore morale della scuola: occorre lambiente. E lambiente deve essere creato dallar-chitetto con amore; nulla, allinfuori delle norme igieniche, deve vincolarne liniziativa. Caso per caso va studiata la scuola, armonizzandola allambiente, cosicchè non resti estranea alla vita che si muove dintorno, ma rientri in essa, ispirando un senso di pacato rispetto, di famigliare confidenza. Tutto deve concorrere a creare questa corrente di simpatia dellalunno verso la scuola laspetto esteriore di essa, la piacevole e varia distribuzione di pianta, la decorazione interna. Se oggi non cè lo stile, esiste una ten-denza che si è già affermata con forme varie nella costruzione della casa di abitazione; ed è sana e universale; in essa soltanto si possono vedere gli albori del nuovo stile. Si porti anche nel campo della edilizia scolastica questo desiderio di sfrondare da ogni convenzionale superfetazione la costruzione, questa ricerca di trar leffetto solo dalla sapiente distribuzione dei vuoti e dei pieni, questa intima rispondenza di ciò che, è fuori della casa con ciò che è dentro, questa ribellione a ogni imposi-zione di simmetria bugiarda. E le scuole che sorgeranno saranno una espressione sincera di vita: un passo ancora alla conquista dello stile del tempo. E le arti minori debbono servire la mag-giore arte nel creare lambiente scuola; la decorazione interna non può essere trascurata. Il ragazzo non visita il museo o la galleria; e se ci va, si annoia. Debbono essere gli oggetti che gli sono famigliari che educano il suo gusto. E se non è possibile fargli bella la casa, che è invasa di tutto quel che di brutto produce la nostra piccola industria non permeata di preoccu-pazioni estetiche, gli si faccia bella nei suoi semplici arredi questaltra casa ove egli studia: la cattedra del maestro, il banco dello scolaro, la tavola murale debbono essere tutti espressione di arte. Lallievo deve trovare nella scuola la casa; ma una casa migliore della sua, più nobile, più serena; non il tetro edificio che sa di pri-gione anche se le finestre sono in giusto rap-porto con i pavimenti, anche se la cubatura è ben proporzionata al numero dei ragazzi che siedono ai banchi, ma la casa dove si studia e dove si impara a divenire migliori. E' assurdo in un paese come il nostro, così vario di clima e di abitanti, fissare norme tassative e imporre la toro applicazione costante anzichè tracciare delle direttive la cui buona interpretazione resti compito dellarchitetto, sorvegliato magari dalligienista e dal didatta. La revisione dei progetti dovrebbe esser fatta da chi in ma-teria di architettura non ha pregiudizi. Ritiri il Ministero della P. I. i suoi tipi! Sono brutti tipi; ritirandoli, ne guadagnerà di prestigio; e dica, in una nuovissima edi-zione del librone che, meglio, potrebbe dive-nire un buon piccolo libro: "Fate la scuola bene: libertà agli artisti; aria e luce ai ragazzi". E potrebbe bandire concorsi o delegare gli enti artistici e tecnici locali a bandirli; perchè una scuola grande o pic-cola, costrutta con larghezza di mezzi o in stretta economia, è sempre per la sua stessa destinazione un edificio che ha un im-portanza morale ed artistica considerevole. Nellagro romano sorsero in questi ulti-mi anni per iniziativa di pochi volonterosi alcune piccole scuole; capanne da prima, edifici in muratura di poi; nacquero dallamore di un apostolo dellistruzione pub-blica: il Cena; la costruzione fu guidata da un didatta: il Marcucci; larchitettura e la decorazione interna furono create da uno squisito artista che non è ingegnere: Duilio Cambellotti. E sono interessantissimi fra gli esempi di scuole che si levano dalla volgarità cui siamo avvezzi pur risponden-do ad ogni buona norma igienica. La scuola è qui interpretata con un senso pittorico pieno di suggestione; è scuola e casolare, e ha qualcosa della chiesa; si impone col suo nobile aspetto sulle capanne circostanti e non ha nulla della architettura "ufficiale". Non manca, per fortuna, chi tenti per vie diverse di raggiungere forme più degne dei lamentati tipi ministeriali; ma sono pochi; ed è augurabile che, nel raccogliere qualcosa di quel che di meglio si sta facendo o si è per fare oggi in Italia, io abbia peccato di molte omissioni, A Roma lufficio tecnico ministeriale, per merito di alcuni giovani e valenti archi-tetti, il Fasolo, lAntonelli, il Frezzotti e altri, si è orientato verso una libertà di indirizzo veramente notevole; e i nuovi edifici scolastici offriranno un buon esempio di architettura di ambiente, sciolta dai legami di uno stilismo accademico. Anche in provincia sorgeranno edifici improntati a una razionale concezione di pianta e ad una varietà di aspetto esteriore inusitata come quelli del Giovannoni e del Milani. Un vasto campo alla attività edilizia scolastica si apre oggi con le nuove scuole che dovran sorgere nelle provincie redente. E i confronti saranno pericolosi: le scuole che lAustria vi aveva erette, ben lungi dallessere gli odiosi casermoni italici, sono fresche costruzioni ospitali tutte gaie con i loro cortili a giardino, animate da portichetti e verande, linde, serene. Le nostre scuole non debbono essere peggiori delle loro; non è solo una questione di edilizia, e una questione di patriottismo. Facciamole come le loro se meglio non le sappiamo fare. Per Bolzano il Mezzanotte e il Griffini progettano un asilo di infanzia inspirato allarte settecentesca locale; a Treviso Alpago, Cabiati e Ferrazza porranno listituto intitolato a Dante Alighieri, come chiara nota di italianità. E a Feltre e in Lombardia sorgono altre scuole degli stessi architetti. E' tutta una schiera giovane che tenta opporsi anche in questo campo al com-mercialismo invadente che qui è autorizzato e consigliato dalla burocratica emissione di progetti a serie. La Casa della Scuola aspetta che le sia fatta giustizia da una più alta coscienza artistica degli architetti, da un maggior rispetto delle masse per listituzione scuola e (in tema di riforma della burocrazia) dallesodo dalla Minerva degli ingegneri, che meglio cederanno il loro posto alligienista e al didatta. VITTORIO MORPURGO. |
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