FASCICOLO I - MAGGIO GIUGNO 1921
LUIGI MOROSINI: Opere minori di Giuseppe Sacconi, con 20 illustrazioni
OPERE MINORI DI GIUSEPPE SACCONI.


La figura di Giuseppe Sacconi ha per tradizionale sfondo la mole che ideò in onore del primo Re d’Italia, poichè il ricordo dei grandi artisti è sì legato a quello delle loro opere più note e comunemente celebrate da far cadere in oblio le produzioni minori. Il che avviene con grave scapito della retta comprensione delle maggiori, le quali si può dire assommino tutte le manifestazioni della loro psiche multipla.
Molto si è parlato in pro e contro la mole vittoriana, nè qui è il caso di rinvangare le vecchie osservazioni dei critici d’arte o di rimettere a nuovo le notizie che già riunì il prof. Primo Acciaresi nella sua monografia su “Giuseppe Sacconi e l’opera sua massima” Sarà più utile invece esaminare qualcuna fra le meno conosciute opere del maestro, le quali possono fornire al futuro storico dell’arte preziosi elementi per l’indagine della sua personalità.
Accenniamo appena alla nota chiesa di Force (Ascoli Piceno) che rappresenta un lavoro giovanile ordinato da Mons. Aronne, vescovo di Montalto, al Sacconi quando ancora studiava presso l’istituto di Belle Arti di Roma. Il prospetto dell’edificio è tutto materiato di laterizio e del laterizio pure ci si vale per congegnare cornici e decorazioni. L’uso del mattone dev’essere stato suggerito al Sacconi dallo studio delle chiese romaniche e della rinascenza in cui spesso con semplici mezzi si raggiungono considerevoli effetti. L’interno è ad una sola navata con cappelle laterali aperta da volte a crociera i cui peducci basano sopra le colonne, seguendo il partito architettonico che si ritrova in S. Maria degli Angeli di Roma.
Appena vinto il concorso del monumento a V. Emanuele, il Sacconi ebbe incarico da un ambasciatore portoghese di erigere la tomba al Verano in memoria della defunta consorte. Il monumentino sepolcrale che l’artista creò, spicca tuttora fra la banalità e la meschinità delle costruzioni che purtroppo si continuano ad innalzare sul cosiddetto “Pincetto”. E costituito da un sarcofago racchiuso da una elegante transenna traforata ed avente su di sè una croce; nel fondo c’è un arco alla cui imposta due colonnine sorreggono un timpano. In mezzo all’arco appare lo scudo gentilizio. La cura del minimo dettaglio, lo sfoggio dei particolari decorativi si rivela qui in notevole grado ed attesta tutta una serie di esperienze su monumenti medievali di cui d’altra parte sappiamo che il Sacconi fu intelligente rilevatore.
Circa l’anno 1895 il Sacconi ebbe incarico dai canonici di Ascoli Piceno di fare lo studio del nuovo ingresso alla Cripta del Duomo e di costruire l’altare papale. L’altare, grandioso nella sua semplicità, fu studiato, in armonia con l’architettura interna della chiesa, a forma di ampio ciborio con tabernacoli e statue ritte negli angoli, statue sedute sulle cornici delle quattro facce, tamburo ottagono coperto di piramide contornata da lanternino. Il nuovo ingresso alla cripta invece lo volle in piena armonia con la parte centrale di essa, fedele al concetto dell’architetto ascolano Giosaffatte che la trasformò nell’anno 1718.
Sacconi deve essersi accinto con grande ardore allo studio di quest’opera per la sua diletta Ascoli a giudicare dalla varietà dei disegni che ne ha lasciato. Un primo e secondo studio li fece con carattere diverso da quello poi eseguito, pur mantenendosi nello stile della chiesa.
Ma dove ebbe campo di emergere per la varietà delle forme che rispondono alla versatilità del suo ingegno, fu nei lavori della Basilica Lauretana. Lungo sarebbe rifare la storia della trasformazione della chiesa: Giuseppe Sacconi ideò ed intraprese i restauri informandosi al concetto di ripristinare il tempio nel suo essenziale carattere, rimettendo in onore la grande arte veneziana che fu tanto intesa nella regione.
Per la parte decorativa ideò ed intraprese i restauri delle tre cappelle principali, quella di 5. Giuseppe degli Spagnoli, quella del coro dei Tedeschi e quella del Rosario dei Francesi. Nella cappella di S, Giuseppe pensò di ornare le pareti con edicole in rilievo, nelle quali la pittura doveva poi svolgere la storia del Santo, seguendo il principio eclettico di accentuare una nota saliente e brillante per interrompere la monotonia dei piani interamente dipinti.
La cappella è chiusa da un’artistica cancellata di ferro battuto eseguita anche su disegno di Sacconi; in fondo, addossato al muro, si eleva l’altare di stile gotico veneziano, ispirato al celebre portale della chiesa di S. Francesco in Ancona. E uno sfoggio di particolari decorativi, comprendenti statue, colonne, pinnacoli, cuspidi, archetti trilobati e foglie rampicanti. Il ciborio in bronzo è rappresentato da un padiglione i cui lembi esterni son tenuti aperti da angeli sorreggenti ciascuno un candelabro.
La cappella del coro appartenente alle congregazioni tedesche, dovendo in basso essere rivestita da un coro in legno a due ordini di seggi intagliati ed intarsiati, questo fu dal Sacconi disegnato e composto, seguendo la maniera della scuola veneziana del secolo XV.
La piccola cappella degli Slavi dedicata ai Santi Cirillo e Metodio fu chiusa da una cancellata in ferro battuto eseguita anche su disegno di Sacconi ed è una geniale composizione integrata da una perfetta esecuzione, dovuta al fabbro Eugenio Matacotta di Fermo.
Nell’interno della S. Casa ornò la figura della Vergine con un trittico in metallo a sbalzo e colonnine di vetro opera veramente leggiadra, di cui si deve proprio in questi giorni lamentare la distruzione.
Anche nelle opere provvisorie come addobbi per cerimonie civili e religiose, mostro il Sacconi la sua valentia, e qui mi piace ricordare quello che fece sul Campidoglio per la posa della prima pietra del Monumento a V. E. avvenuta nel 1885. Altro addobbo fece nella chiesa di Santa Maria degli Angeli alle Terme quando si celebrò il matrimonio di S. M. Vittorio Emanuele III. Riuscì di tanto gradimento che S. M. stabili di concorrere con un congruo sussidio per tradurre in realtà ciò che era stato fatto per l’occasione.
L’artista immaginò una sistemazione di tutto il prospetto della chiesa nella parte che guarda la via Nazionale ricoprendo il rudero delle terme con un’elegante esedra barocca.
L’idea del Sacconi non fu poi attuata e forse è stato bene non mutare il rude carattere di quest’emiciclo diocleziano, sia pure sovrapponendovi una fronte nobilmente ideata. Ma nessuno può disconoscere che questa multiforme attività del Sacconi (ove, se non il vero architetto, ossia il dominatore delle masse immobili, si rivela il talento del decoratore che fu in lui spiccatissimo) lo ravvicina ai grandi artisti del rinascimento i quali ora applicavano l’intelletto alla erezione di superbi edifici, ora non disdegnavano di rivolgerlo alle opere di carattere temporaneo che durante le festività illeggiadrivano e rendevano più solenne e più gradito il percorso ai potenti del tempo.

LUIGI MOROSINI.

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